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al testo di Ivan Pozzoni
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Non vivendo a Tokio, Mosca, Dubai, contemporaneamente mettiamo barriere di tremila km tra Monza e Milano tu, concentrata a volare, usignolo esiodeo, a Parigi, e nei resorts, io, deconcentrato dal tonnellaggio delle catene che annodano masse di stanziali alle fabbriche, alle case, ai magazzini, danziamo, multitasking a velocità diverse, coi sandali (i tuoi, alla Cleopatra; i miei rigorosamente francescani) su cocci di diamante o tagli in vetro, stretti in abbracci estranei come i robots delle operazioni chirurgiche a distanza.
Abituata a tessere tele di selezione, disfandole ogni notte, Penelope oltre-moderna, a scegliere, indossare, buttare ogni cosa, troverai mai il coraggio di vestire le mie camicie di forza, senza garanzie da sdruciture, di stanare la furia nera del rottweiler? E a me resisterà l’incanto, me, che conto cicatrici come stelle sulla volta celeste del mio volto, nello specchiarmi nei tuoi occhi meteci, nascosti nomadi dietro a taguelmoust smerciate Bryan & Barry, senza infrangermi in frammenti da raccontare ad altri occhi meteci, e ad altri ancora, fino all’infinità seriale?
[Carmina non dant damen, 2012] |
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